domenica 3 dicembre 2017

Non per denaro, nè per amore, e neppure per il cielo...

Poteva essere una domenica come tante altre.
Ma non si controlla la scintilla quando scocca, inaspettata.
Mancava un niente alla fine, ma forse non ci hai neppure pensato e ti sei messo a correre, senza averlo pianificato, senza averlo provato, senza concordarlo con nessuno.
Hai deciso che era il momento di andare, di partire.
Hai chiuso a pugno le mani nei guantoni pesanti e hai superato l’area di porta, l’area di rigore e sempre piu’ su, fino al cerchio di centro campo.
Fino ad arrivare dall’altra parte.
Che paura, che coraggio. D’altronde che sarebbe il coraggio senza la paura. Solo incoscienza...
E tu hai avuto paura ad ogni passaggio oltre una linea bianca che probabilmente hai passato con un salto, attento a non calpestarla.
E mentre correvi, con la coda dell’occhio, hai visto il tuo allenatore che urlava qualcosa.
Lui con la mano vicino alla bocca, cercando di amplificare e di farsi sentire.
Ma a te sembrava solo un movimento al rallentatore, tu andavi troppo veloce, eri su una altra dimensione, le tue gambe frullavano e lui con gesti lenti era ormai un elemento a te completamente estraneo.
Tu hai salutato la tua zona di “comfort”, la tua isola felice. La, dove davi del tu a ogni filo d’erba, per avventurati al di la. Oltre, la “dove nessun portiere era mai giunto prima”….
La, dove cresce la gramigna.
E quando sei arrivato con le mani sempre strette a pugno dentro i guantoni, hai trovato in tuffo l’emozione più grande della tua vita.
Forse non lo hai neppure visto, il pallone, superare l’ultima linea bianca.
Un boato, una emozione incredibile, hai guardato il cielo, poi hai chiuso gli occhi.
Qualcuno ti ha visto volare, con il cuore in gola.
Dopo una vita la dietro, a farti narrare la gloria dagli occhi degli altri.

“ma che la baciai, questo si lo ricordo, con il cuore ormai sulle labbra, ma che la baciai per dio sì lo ricordo, e il cuore restò sulle labbra...”


venerdì 27 ottobre 2017

Relativamente....

Camilla e Marta erano due amiche di mia nonna.

Camilla era alta e magra, seria e altera. Ricordo persino una sensazione di eleganza, anche se per me bimbo il concetto di eleganza doveva ancora materializzarsi.
Marta, al fianco, era piccola e sorridente, faceva tenerezza e simpatia. Semplice nei gesti, e nelle parole, con le sue gonne di lana, gli scialletti all’uncinetto, gli occhiali piccoli e rotondi.

Di tanto in tanto arrivavano a fare visita a mia nonna, spesso lo sguardo basso, non so se per timidezza, o come forma sottile di ossequio, quasi di eccesso di rispetto.

Mia nonna era una donna dall’apparenza semplice e dallo stile di vita ritirato, ma trasudava in autorevolezza e dignità non sempre e forse volutamente contenute.
Un caffè, qualche parola, le domande di mia nonna, le loro risposte educate e poi andavano via.

Non so chi fossero Camilla e Marta e perche’ fossero amiche di mia nonna, ma rappresentavano per me, allora bambino, una fotografia dello stato della vita.
Non avevo la malizia e neppure la conoscenza per pensare a nulla di particolare relativamente alla loro relazione, nè ricordo di essermi mai posto la questione se fossero legate da qualche legame di parentela.
Per me erano semplicemente Camilla e Marta, due «vecchiette».

Il mondo di un bimbo è fatto di verità assolute. Di fotografie che non si mettono in discussione, dove il concetto del tempo non esiste,
Per me, bimbo, il mondo era quello che stavo vivendo, in quel preciso istante e non avrebbe potuto essere diverso ne’ mai sarebbe cambiato.

Questo primo ricordo d’infanzia è cosi’ profondamente ancorato dentro di me, che ancora oggi porto il ricordo di Camilla e Marta come entità senza passato e senza futuro, con l’assurda e distratta convinzione che in qualche parte dell’universo esistono ancora.
Perché Camilla e Marta, per me bimbo, non solo erano «vecchiette», ma lo erano state da sempre.
E sempre lo sarebbero state.

Mia nonna era vecchia e mai stata bambina, seduta sul divano, con il suo sguardo truce e le sue medicine, e li l’avrei trovata ogni volta che a lei avessi rivolto lo sguardo.
Cosi’ come Camilla e Marta erano Camilla e Marta da una eternità. 
Con il loro scialletto, le scarpe/pantofole, la spilla sulla giacca, i capelli bianchi e azzurri....

D’altronde io ero Bimbo allora e per quel che ne sapevo cosi’ sarei rimasto per sempre, perche’ quello era il mio ruolo nel mondo.
Con lo sguardo curioso e imbronciato, nel mio mondo ovattato e protetto.
Cosi', relativamente.... per sempre....

giovedì 12 ottobre 2017

....l'insostenibile leggerezza dell'errore

La vita è quello succede tra un errore e l’altro.

Una collezione di intervalli tra il percorso che porta al compiersi dell’errore e il tempo del tragitto necessario a gestirne le conseguenze.
Dall’analisi delle conseguenze, all’inconsapevole decisione di intraprendere un nuovo cammino che inesorabilmente porterà ad un nuovo errore.

Ma un giorno qualunque, ormai rassegnato a
lla consapevolezza della lista degli errori che hanno caratterizzato la tua vita, ti sveglierai con una sensazione nuova, sorprendente.
Quel giorno, come in una visione ti accorgerai che quella somma di errori è in realtà un incredibile e sorprendente quadro logico virtuoso, coerente, colorato, brillante.
E mettendo a fuoco poco alla volta quella visione inizierai a vedere la tua vita intera sotto una nuova luce, a capire come hai vissuto, quello che hai vissuto o, piu’ semplicemente, il senso della tua vita.

Perché gli errori sono tutti la, in giro per il mondo, sta ad ognuno di noi decidere quali commettere, a volte senza conoscerne le conseguenze, a volte proprio in relazione delle conseguenze.
Sta a noi scegliere le tappe e decidere le direzioni da prendere, per percorrere quel percorso che per quanto impervio, di errore e in errore ci porta a vivere.

Il mio quadro logico virtuoso è la che mi aspetta, i vari elementi stanno prendendo forma il piano sequenza si sta delineando.

I contorni sono ancora sfumati, i colori appena accennati, ma sento, giorno per giorno, o meglio errore per errore, di essere sulla buona strada.
Ho già capito infatti che ho fatto una quantità incredibile di errori meravigliosi.

Un giorno, sicuro, li racconterò e sarà una storia fantastica, almeno per me.


venerdì 13 gennaio 2017

Polvere di musica...



Poi arriva quel momento in cui ti alzi dal divano con aria leggera :
"…aspetta, metto un disco."
E ti ritrovi catapultato in un mondo antico dove gesti che avevi dimenticato ti ritornano incredibilmente famigliari.
Le buste allineate che fai scorrere con noncuranza.
Ne scegli un paio che guardi davanti e dietro, ne scarti una terza e poi ti concentri su una dalla copertina in bianco e nero.
Con fare esperto ne estrai la busta interna, tenendola per i bordi, senza mai veramente "pizzicarne" il contenuto. 
Quasi per rispetto dei suoi trent'anni passati in cantina, come un buon vino.
Ed infine dopo qualche coccola, dopo qualche preliminare nel leggere la playlist, e un sorriso contenuto quando involontariamente ti soffermi sul marchio RCA, estrai lui, il vinile nero, sempre con attenzione, quasi con pudore, nel silenzio, come se il tempo si fosse fermato.
E lo lasci adagiarsi sul piatto.
Riprendi a respirare e sollevi il braccio per accompagnarlo sulla prima traccia.
Quando il primo fruscio esce dagli altoparlanti ti rendi conto che proprio quel fruscio non lo avevi mai dimenticato. 
Riguardi il piatto che gira, cerchi il granello di polvere e ti accorgi di quel suono impercettibile che senti uscire dalla puntina, gracchiante.
Cosi' vero, così reale...
E come se gli ultimi trent'anni non fossero passati, torni verso il divano convinto di avere ancora i capelli lunghi. E quasi vedi un Eskimo, il Samson e le Rizla quando con gli occhi chiusi dimentichi persino a chi ti eri rivolto con quel  "…aspetta, metto un disco"...