lunedì 7 dicembre 2015

Anche i guerrieri piangono

A volte sono solo poche lacrime che scendono libere, senza controllo.
Non veri singhiozzi, ma quella cosa che sale dal profondo.
Un misto di malinconia, tenerezza, inconsapevole rabbia, piccole sofferenze, serenità sospesa.
A volte a scatenare il tutto è una canzone a volte una foto, un messaggio.
A volte il mix di tutto questo.
E’ quello che è successo stamattina, mentre con un tazza di caffè caldo, giravo sulla « rete » e un soffice jazz copriva i silenzi della giornata.
Oggi è il suo compleanno, in quel di Barcellona. Nella notte ci siamo scambiati messaggi, tra gioia e sarcasmo. La sua foto con una candela e una fetta di torta in un bar qualunque della Rambla.
"La fetta di torta di Vito" - mi dice, un locale per la pizza al taglio gestito da una famiglia di pugliesi.
"Vito, la tua torta è buonissima".
Il suo sorriso quasi stupito.
Un abbraccio virtuale, un scambio di faccine sorridenti, fino a tarda notte.
E oggi che mi scrive "… ho messo i vestiti che mi piacciono, per andare alla Sagrada" 
Sarà che forse solo io so cosa vuol dire quel « vestiti che mi piacciono », nella sua semplicità.
Sarà il ritmo del jazz, il suo viso pieno di donna, il suo sorriso.
Sarà che la musica è sempre più soffice, sarà che il pensiero si sposta lontano.
Sarà che tutta la rabbia che ultimamente accumulo, mi sfugge via e non so perché.
E mi accorgo incredulo che anche la mia voce assume un tono più soffice e perde tutto quell’impeto da guerriero rabbioso, sempre sopra le righe.
Con i pensieri che si accumulano e si attorcigliano, come nuvole spinte da un vento indeciso.
E io che li lascio andare.
E’ cosi che anche i guerrieri piangono.
A volte.


mercoledì 18 novembre 2015

Rivendico....

Rivendico il diritto di scegliere in base ai miei più intimi sentimenti come gestire il mio dolore, con tutto il rispetto per il dolore degli altri.
Di piangere una città, un paese, un villaggio, una famiglia, uno sconosciuto.

Rivendico il diritto di piangere i miei cari, di disperarmi per le perdite a me più preziose, parenti e amici, o semplicemente persone più vicine al mio cuore.

Rivendico il diritto di amare la mia donna più delle altre donne, di amare mia figlia più di ogni altro essere vivente su questo pianeta.

Rivendico il diritto di piangere quando tutti sorridono, così come di poter sorridere anche nei momenti più tristi, quando tutti piangono.

Rivendico il diritto di non odiare, anche quando tutti odiano e, ahimè, di non riuscire ad amare, anche quando tutti amano.

Rivendico il diritto di essere diverso, di non rispettare i luoghi comuni, di non dover compiacere…

…e quando ne sento il bisogno, di potermi adagiare nella mia malinconia dove accogliere solo coloro disposti a condividerla con me, in silenzio.

lunedì 19 ottobre 2015

Caro Erri.....

Caro Erri, un po’ ti conosco, ho letto alcuni dei tuoi scritti, a volte ti ho anche cercato e sono andato ad ascoltare quello che avevi da dire.
Sono quindi felice che oggi ti abbiano liberato da ogni accusa e tu abbia la libertà di poter dire quello che pensi, che ritieni giusto. 
Io credo, caro Erri, che la libertà di espressione soprattutto quando utilizzata da chi può permettersi ampia risonanza mediatica, porti con se una dose di responsabilità.

Per questo vorrei che tu fossi consapevole della forza delle tue parole e dell’interpretazione e dell'utilizzo che potrebbe esserne fatto da talune frangi, sicuramente minoritarie e infiltrate, che non aspettano altro per esplodere rabbia e insoddisfazione.

Non so caro Erri, se un'altra persona, anche solo uno sconosciuto editorialista di un giornale di provincia, utilizzando le tue stesse parole avrebbe potuto contare su tanta attenzione e su tanto supporto, fino a portare il giudizio a riconoscere quella libertà che forse neppure la nostra costituzione garantisce.

Sai caro Erri, io vorrei avere la tua stessa libertà di espressione per dire che non sono d'accordo, che il termine « sabotare » verso un bene pubblico  (o chiamalo anche un « male pubblico », non importa, non voglio entrare nel merito in questa mia riflessione), non sia eticamente accettabile.

Troppe volte in questi anni ho visto forme di protesta che non riesco a condividere, io sono contro l’uso delle « cesoie » per distruggere. Così come sono contro la generalizzazione dell’odio verso le forze armate che, seppure con qualche distinguo, hanno un ruolo ed eseguono degli ordini.

Io credo che i lanci di pietre, i fuochi sulle strade, i fazzoletti sulla faccia, l’irridere le forze armate, non siano state una scelta intelligente per contrastare una scelta politica che ai locali  (me compreso) non piace.

Difendere o nascondere tutto questo ha fatto male al movimento e male anche ai suoi obiettivi.

Io credo ancora nella dialettica, nel confronto, nella discussione.
Purtroppo sono ormai anni che con gli amici del movimento non si riesce piu’ a discutere :  « O sei con noi o sei contro»…
E io in questo schierarsi obbligatorio non riesco proprio a ritrovarmi.
Io voglio discutere, voglio negare per poter essere convinto del contrario.

Lo sai, caro Erri, che io sarò preso di mira da mille critiche per questo ?
Senza leggere fino in fondo, senza neppure entrare nel merito...
Lo sai che mi diranno che non capisco nulla, che sono ignorante, che mi faccio prendere in giro, che credo ai giornali….
Mi daranno del « voi », come se pensarla diversamente anche su pochi dettagli ti  debba forzatamente condannare al ghetto (il « voi »)

Quindi caro Erri, oggi che hai avuto tutta questa visibilità mediatica, pensa anche a me e a quelli come me.
Prova a usare la tua lucidità, la tua capacità di comunicare per far capire che si può sabotare, ma ci si può anche confrontare.
Che sabotare non vuole dire tirare le pietre e distruggere, ma civilmente impedire (in modo non violento e rispettoso e per un periodo limitato) il regolare svolgimento delle operazioni. Creare disagio, al solo fine di attirare l’attenzione e non per lo scopo ultimo di distruggere.

Io sto con te Erri, e con il tuo diritto e la tua libertà di espressione.
....ma proprio oggi, caro Erri, vorrei che anche tu stessi un po’ con me…


domenica 13 settembre 2015

...chiamale se vuoi : emozioni

La vedi quella ragazza vestita di rosso che si avvicina alla rete con un sorriso come se avesse conquistato il mondo?!  
...ebbene, lei è quella che ha perso


Le vedi queste due ragazze che si abbracciano a lungo con calore, con emozione ?
No, non sono due compagne di doppio.
….una ha vinto, l’altra ha perso, ma nessuna delle due in quell’abbraccio sta pensando al risultato.


Le vedi quelle due ragazze che chiacchierano amabilmente sedute fianco a fianco con 20.000 persone che le stanno applaudendo?
...sono amiche.


La vedi quella bandiera italiana la dietro che sventola?
.... è storia, cultura, pensiero, creatività, forza.


La senti questa emozione?  
...è il frutto di quel lato bello, sereno, positivo che ognuno di noi si porta dentro e che troppo spesso ha paura di far vedere.


mercoledì 29 luglio 2015

...in una notte di mezza estate

Non è mai consigliabile scrivere di notte, soprattutto quando la notte non passa e il sonno non viene.
Ma l’unico modo di dare forma ai pensieri ed evitare che si prendano troppo spazio è proprio quello di vincolarli alle parole.

Domani torno in Italia, l’avventura francese e parigina è finita.
Sono un po' triste, ma non perche’ lascio una città come Parigi e neppure perché in questa città e in questi due anni abbia vissuto momenti memorabili, ma perché probabilmente, ancora una volta, dovrò ricominciare.
Perchè domani dovrò di nuovo rimettermi in gioco, nuovamente alla ricerca di un percorso professionale e più in generale di vita che mi renda sereno, che mi faccia vivere con tranquillità la sequenza dei giorni.
Mi chiedo: sono triste o sono semplicemente irrequieto?

Ricordo con tenerezza un altro ritorno.
30 anni fa.
Tornavo dalla California dopo oltre un anno allo SRI di Palo Alto.
Altri tempi, altra vita, altre emozioni. Forse no.
Quello che più mi ha colpito riflettendo attorno a questi due rientri, così lontani tra di loro, è il « dopo » .
Partivo dalla California sapendo di avere avuto una occasione unica nella vita, di aver avuto l’opportunità di vivere un momento emozionante e di aver incontrato persone e visitato luoghi che per molti sono stati e sono tuttora dei miti.
Ma soprattutto tornavo con un progetto di vita. Avevo un bisogno immenso di riversare tutto il vissuto in un ambiente di lavoro (Olivetti) che non aspettava altro.
E avevo un progetto di vita vera con una bimba che stava arrivando.
Anche allora salutai la porta del residence al 22 di Coleman Place di Manlo Park, dove avevo vissuto in modo quasi incredulo quei mesi, con un cenno di tristezza. Ma sapevo dove andavo e cosa avrei fatto.
Non sapevo neppure che avrei rivisto la California, e che ci sarei tornato anche molto spesso. Ero semplicemente proiettato verso la mia nuova vita.
Non è l’età che cambia, e neppure il vissuto. E’ la  prospettiva.
Oggi sono un po' triste non perché lascio questa città o perché il progetto è finito.
Ma perché non è chiaro dove andrò, non so chi e cosa mi riceverà.
Anche oggi, come allora, mi sento carico di conoscenza ed esperienza che non vedo l’ora di trasferire e di distribuire, anche oggi come allora so di avere fatto un salto di qualità personale e professionale.
Inoltre, ormai, ho coscienza di me stesso, consapevolezza del mio vissuto, sono assolutamente orgoglioso della mia vita e riconoscente della fortunata coincidenza degli eventi che mi hanno permesso di viverla.
Quindi non ho paura, non ho paranoie, non sono in ansia.
Sono semplicemente triste, perchè invece di consolidare tutto questo e camminare con tranquillità verso i sentieri del futuro, non so se e dove troverò la serenità per ricominciare non importa cosa, ma qualcosa.

E questi ultimi giorni parigini, carichi di pioggia e nuvole, dove un luglio autunnale si contrappone al caldo torrido dell’estate italiana, mi sembrano cornice non casuale al contesto, al tempo.

E’ ormai mattina, un timido sole fa finalmente capolino tra le nuvole come a dire « intanto parti », sicuro che poi mi troverà a scrivere i pensieri dell’arrivo invece di quelli della partenza, sicuro che la declinazione non sarà la stessa.

Perché partire non è scappare e arrivare non è fermarsi.


sabato 20 giugno 2015

SlowInternet

Manifesto per la promozione e la tutela del piacere dell’informazione.

Il senso piu’ alto di fastidio nel mondo digitale è quello meno menzionato : il rumore.

Dopo anni di crescita incontrollata della potenza comunicativa, delle infrastrutture, degli strumenti, degli ambienti, della medialità, il mondo della comunicazione online è ormai una città rumorosa, confusa, disordinata, senza senso urbanistico, con poche regole, senza difesa verso il rumore costante, fastidioso, continuo, inarrestabile, incontrollabile.

Il manifesto dello SlowInternet non si pone come freno allo sviluppo tecnologico e ancora meno al controllo della velocità e della capacità di distribuire informazione. E soprattutto non si contrappone all'internet tradizionale.

SlowInternet promuove l’utilizzo consapevole, mirato e personalizzato del sistema.
Ritrovare il piacere del dettaglio, della complicità, della scelta del tipo di comunicazione sia a livello di qualità, che di tecnologia.

SlowInternet propone scenari di semplicità o ancora meglio di essenzialità nella comunicazione interpersonale nell’era della comunicazione di massa.

La posta elettronica :
L’email è un sistema di comunicazione asincrono. Si chiama posta, e fa riferimento alla posta tradizionale, dove tra la spedizione di un messaggio e il ricevimento da parte del destinatario puo’ passare un giusto intervallo di tempo.
La posta non è una chat.
E’ il piacere di ricevere una « lettera » (email), aprirla con curiosità e calma, prepararsi alla lettura, anche in tempi diversi. E poi, se e quando se ne sente la necessità, preparasi per la risposta.
Nello slow internet, non esiste il "per conoscenza" ed esiste un solo un indirizzo per il destinatario. Ogni comunicazione ha la sua importanza, la propria personalità e un senso preciso. Ogni invio è un pensiero dedicato, anche se riporta un testo già utilizzato è comunque un'azione originale per un nuovo destinatario.

La cultura della parola nella sua essenzialità. Il codice semplice del carattere nel font calligrafico più conosciuto al mondo : il « courier ».
In tutte le comunicazioni scritte in cui sia necessario un metodo di scrittura semplice e comprensibile. Essenziale.

In alternativa Slow internet promuove l’uso della tecnologia a supporto dell’emozione e del personale. Penna e carta da lettera per scrivere con propria calligrafia, con segni carichi di emozioni e di significati.
Semplice ed efficace spedire una fotografia della lettera con tutto il suo contenuto di propria personalità.

Il social network :
Semplice immediato, non invasivo. Senza fronzoli e strumenti. Uno spazio di condivisione semplice ed immediato.
Un esempio :

Senza raccolta di dati personali, senza pubblicità, giochi e applicazioni, con il font piu’ abituale « courier ».

SlowInternet non ama lo streaming video. I contenuti multimediali in quanto tali e soprattutto con il rispetto del "contenuto" sono una ricchezza da utilizzare con cura. Cultura, divertimento, informazione sono il fine della multimedialità. Un filmato, una fotografia, un brano musicale o anche un libro possono essere ricercati, e una volta identificati, resi disponibili in tempi e modi compatibili con i carichi della rete e delle urgenze personali. (on demand, ovvero il modello « PostalMarket »)

SlowInternet non si occupa di commenti nè di review, e soprattutto non accetta nessuna forma di insulto e di giudizio generalizzato. Nella filosofia di SlowInternet l’appartenenza a schieramenti è sconsigliata.
Non esiste il «voi», ma solo «tu, amico mio». Esistono le persone. 

Perchè SlowInternet è un ambiente aperto dove la prima regola è il rispetto. 

SlowInternet è Wiki

Per promuovere non tanto una nuova pubblica forma di comunicazione, ma una semplice scelta di buona educazione personale.